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Padroni siamo noi della nostra vita, o padroni sono le figure (partner, datori di lavoro, familiari) che nella nostra vita entrano e a cui permettiamo di avere un'influenza così grande da determinarla? Perché si finisce in azienda, e perché (più in generale) entriamo in relazioni di dipendenza? Qual è il nostro copione di vita, la decisione che da piccoli ad un certo punto abbiamo preso su come la nostra vita sarebbe andata? E come questa decisione ci ha portato dove siamo adesso, ad essere dipendenti da un'azienda, da un partner o da una madre? Per stare bene sul lavoro e nella vita c'è bisogno di una madre che accoglie e di un padre che dà al figlio il permesso di andare. Se l'azienda è madre onnipresente (con tutti i meccanismi patologici che si instaurano nella dipendenza) per tutti quelli che lavorano in azienda ci sarà bisogno di un padre: il padre che dà al figlio il permesso interiore di sentire i suoi desideri, di andare oltre quel processo che caratterizza il mondo delle aziende e che permette una disumanizzazione che ostacola lo slancio vitale che scorre in ognuno di noi. Chi è questa madre onnipresente e chi è il padre necessario? L'autore lo racconta in queste pagine, dove ognuno potrà ritrovare tracce, pezzi, parentesi della sua storia. Oppure potrà non ritrovarsi in niente e scoprirsi felice. A patto di non lamentarsi più in ascensore che è solo lunedì.