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Scappato di casa a 12 anni, vagabondo bohémien fin dai tempi della Grande Depressione, tossico e spacciatore, maldestro svaligiatore di auto e appartamenti, Herbert Huncke racconta in questa autobiografia cosa lo portò a diventare un Beat, un uomo bastonato dalla vita, precursore delle esistenze anti-sistema dissipate nella perenne ricerca di droga, di clienti cui vendere sesso, di monolocali da abitare per qualche ora, in un vortice di fughe dalla polizia e soggiorni a Sing Sing. Proprio l'autenticità delle sue esperienze ha ispirato i grandi della letteratura Usa anni Cinquanta, che Huncke iniziò alle droghe e rifornì generosamente: tra gli altri William Burroughs, Allen Ginsberg e Jack Kerouac, che ne parla come del "più grande narratore di storie che conosca". Di certo lo stile diretto e colloquiale di Huncke calza a pennello con l'incessante serie di stravaganze del gruppo di poeti e scrittori di cui faceva parte. Nelle sue pagine ritroviamo decine di aneddoti e follie, feste stralunate e notti bianche, viaggi on the road o per mare, elettriche promiscuità sessuali, sballi incendiari e tanto jazz. Ma anche i disperati tentativi di riscaldare il cuore con vari surrogati dell'affetto negatogli nell'infanzia. Un affresco toccante ma non retorico, drammatico e a tratti esilarante di un'epoca che ha cambiato per sempre il nostro modo di vivere e pensare.