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Napoli, carcere di Secondigliano, sezione protetta: quella degli "infami" e dei crimini "vergognosi". La cella carceraria è fredda, cupa, buia, una fogna che puzza di muffa e spegne le voci di chi la abita, trasformandole in un unico mormorio. L'unica fonte di calore è una piccola finestra dalla quale si intravede e si sogna il mondo. La speranza è uscire. La paura è uscire. Totore, un camorrista detto l'ammazzapreti, e Marcello il professore gridano al mondo, sottovoce, la loro voglia di comprensione, accettazione, ma soprattutto di tenerezza. Due storie di dolore e di vergogna che pian piano vengono a galla, per abbattere il silenzio, quel silenzio colpevole che annulla la voglia di riscatto di una terra sporca di sangue. Perché, come spiega Totore, "l'unica speranza è parlare. Il silenzio è camurrìa".