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I saggi qui raccolti mettono in luce l'indissolubilità del rapporto fra verità e razionalità nell'ambito dell'agire sociale. Non può darsi verità senza razionalità, cioè senza l'adeguatezza dello stare nel mondo, nella storia e nella società. Sarebbe incomprensibile un discorso sulla giustizia, al di fuori del riconoscimento di un modello di razionalità che non si pieghi ai vincoli della pura strumentalità e che includa innanzitutto la virtù, cioè la "relazione buona" con il sé e con gli altri, come elemento ineludibile della propria auto-definizione. Altrettanto incomprensibile apparirebbe la lettura della dialettica storica e delle sue leggi, qualora si astraesse dall' irriducibilità della persona e della sua responsabilità ai processi deterministici e alle spinte massificanti e persino totalitarie. In una tale prospettiva sarebbe altresì criticabile un'ipotesi interpretativa della conoscenza e della sua normatività, che si fondasse pressoché esclusivamente sulla circolarità dei significati sociali, prescindendo dal plesso originario di significato e verità.