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Era il 1943 quando l'Ufficio centrale della SS mandò alle stampe Rassenpolitik. Redatto dal Reichsführer-SS Heinrich Himmler e pubblicato esclusivamente a uso di formazione interna, il testo rispondeva a un intento ben chiaro. Lungi dall'essere una sorta di propedeutica a una generica Weltanschauung nazionalsocialista, esso era volto all'individuazione e alla presentazione pragmatica di un compito, quello di cui la SS doveva e avrebbe dovuto continuare nel tempo a farsi carico, a essere portabandiera nonché esempio oggettivo: la perfezione incarnata nell'élite del tipo umano nordico. Nucleo fondamentale e fondante non poteva dunque che essere il pensiero razziale in ogni sua implicazione e applicazione, in ogni sua sfaccettatura. Decisamente incisivo e articolato lo scritto procede quindi dall'esplicitazione dei pericoli mortali per i popoli - dalla denatalità alla mescolanza razziale, passando per la controselezione -, per poi toccare la messa in atto dei principi eugenetici nell'associazione "Lebensborn", e giungere al fulcro con l'Ordine della SS. Muovendosi tra il contrasto di ogni forma di decadenza e l'aspirazione alla continua evoluzione, "Politica razziale" trova nella lotta il suo filo conduttore, la sua costante indefettibile volta a preservare il sangue, volta a preservare la razza, giacché "colui che corrompe il suo sangue, corrompe il suo popolo".