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Cristina amava quel laghetto di acqua salata, chiuso tra gli scogli e la sabbia nera. D'estate, da bambina, restava per ore a giocare sulla spiaggia, a respirare l'odore del salmastro che si mischiava alle alghe essiccate e alle conchiglie consumate dal sole, mentre una particolare mistura di polvere, catrame, fasciame putrido e corde da ormeggio sembrava restarle addosso. Dalla villa degli Oleandri, costruita a strapiombo sulla scogliera, ci arrivava in pochi minuti dopo avere attraversato un sentiero circondato da canneti ingialliti dall'arsura e sbattuti dal vento. Al laghetto si trasferiva tutti gli anni tra aprile e maggio. Dopo l'inverno trascorso in città e fin dai primi giorni di caldo, cominciavano i preparativi per tornare alla villa. Cristina capiva che i tempi erano maturi quando iniziavano a fiorire le fresie e a schiudersi le ginestre. Allora, Mimì, il custode che viveva al piano terra della villa con la moglie e i due figli, si dava da fare con gli operai che dovevano ripulire le pareti dal salmastro: con scale e pennello ridavano luce al giallo ocra della facciata esterna...