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Il viaggio, tema consono dell'esperienza poetica, diventa qui punto di vista e orizzonte focale. Quel viaggio che ha solo occhi e strada, passi e gomme surriscaldate su strade polverose, si ripropone nell'ultimo lavoro di Andrea Garbin. La gola sembra seccarsi nella prima lettura dei dieci paesaggi che l'autore ci consegna; si seccano le labbra e si ha sete perché il senso di aridità che pervade l'opera è l'asprezza di una terra che solo nell'abbandono può essere compresa: nell'abbandono delle convenzioni e dei nomi. "Nulla ritorna al passato, nemmeno le pietre" ci ricorda Garbin, mentre si orienta all'ascolto, procedendo scientemente al di fuori di un senso tragico di cui sarebbe facile rimanere preda.