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I profumi e gli odori del cibo che ci hanno pervasi nel periodo della nostra infanzia, penetrando nelle narici e stimolando straordinari (e a volte anche inappagati) appetiti, sono indelebilmente stampati nel nostro cervello e basta solo percepirne lievi sentori per associare eventi, fatti, situazioni di un tempo lontano, che fa parte ormai di sopite reminiscenze. L'Anno del Cibo Italiano, indetto dal nostro Governo per il 2018, ha offerto all'autore lo spunto per rievocare le tradizioni popolari legate al cibo della Capitanata e del Gargano, l'antica Daunia, partendo da Tarranòve, il suo paesello di origine, tra storia, popolo e territorio. Un vecchio detto paesano di Poggio Imperiale, Tarranòve in vernacolo, recitava: "Tarranòve, pane e pemmedòre e arija bbòne". Un invito a prendere le cose per il giusto verso e senza eccessivo affanno. E, in effetti, quel detto voleva proprio invitare alla distensione e alla serenità che solo un piccolo borgo sviluppatosi alla sommità di una collinetta (poggio) immersa in una vegetazione lussureggiante poteva offrire. In terra di Capitanata ai piedi del Gargano del quale si vanta di costituire la porta naturale.