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"Fra gli anni Quaranta e Ottanta del XX secolo, in Svizzera vigeva la prassi di affidare - contro la volontà dei diretti interessati - bambini e giovani a istituti o contadini. Molte delle vittime di tali decisioni sono state mandate a servizio, sfruttate in aziende agricole, internate, maltrattate, sottoposte ad adozioni forzate o hanno subito sterilizzazioni." Questa è la storia di Lidia Scettrini. Un nome e una storia di fantasia utilizzati per raccontare quella che è stata l'esperienza di molti. In seguito al divorzio dei genitori, Lidia resta a vivere con sua madre a Cavaione. Stanca delle prese in giro da parte di alcuni suoi compagni un giorno ruba la merenda a Piero. Accusata dai genitori del bambino - e a causa della povertà in cui lei e la madre vivono - viene mandata in istituto, dove subirà maltrattamenti da parte di alcune suore e sarà poi data in affidamento a un contadino. Nella nuova "casa" c'è anche Anne, la moglie malata del contadino, unico spiraglio d'amore per Lidia. Alla morte di Anne, Lidia, ormai diciannovenne, può finalmente liberarsi dall'orrore di quella vita e tornare a Cavaione per rifarsi una vita cercando di tenere a bada il dolore dei ricordi.