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Che cos'è l'intermedialità? In che rapporto si pone con la ri-mediazione e l'adattamento? Come può il testo teatrale di Shakespeare costituire un esempio ante litteram di scrittura intermediale? In che modo il cinema ha ri-mediato il teatro shakespeariano, adattandolo alle proprie esigenze estetiche e commerciali? Queste sono alcune delle domande alle quali il libro si propone di rispondere, assumendo come oggetto principale di analisi i "drammi romani". Con "Tito Andronico", "Giulio Cesare", "Antonio e Cleopatra", "Coriolano" e "Cimbelino", infatti, Shakespeare si appropria delle storie e delle leggende su Roma antica che circolavano copiose nella società rinascimentale inglese e le adatta ad un palcoscenico, quello elisabettiano, che appariva agli uomini del tempo incredibilmente simile ad un anfiteatro romano. Così facendo egli divulga e al contempo costruisce per il primo pubblico di massa un'idea di Roma affascinante e inquietante. Un gesto che il cinema non mancherà di emulare, facendo proprio e adattando a sua volta lo Shakespeare "romano" per il grande schermo con opere come "Giulio Cesare" e "Cleopatra" di J. Mankiewicz, "Titus" di J. Taymor e "Coriolano" di Ralph Fiennes.