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All'indomani dell'uccisione di George Floyd si è prodotta una sollevazione violenta e distruttiva, come non si vedeva da svariati decenni, con una partecipazione complessiva stimata tra i 15 e i 26 milioni di persone, in oltre duemila città, dalle più grandi alle più piccole. La consistenza della Floyd Rebellion si dà esattamente nelle interconnessioni fra le molteplici espressioni della protesta, nel loro fitto embricarsi che ha fatto saltare in aria identità, binarietà e altri regimi della separazione sociale, anzitutto le identità tracciate dalla linea del colore. Tutte le testimonianze narrano del carattere multiforme, multigenere e multigenerazionale dei partecipanti agli scontri, alle manifestazioni, ai saccheggi. Non già una rivolta razziale, ma il superamento della questione razziale nella rivolta, nel luogo più controrivoluzionario del Pianeta e nel bel mezzo della decomposizione generalizzata del Progetto Occidentale. Niente è più pericoloso per la borghesia americana d'una lotta proletaria multirazziale. E niente è più insidioso per la lotta di classe negli Stati Uniti dell'alleanza che il proletariato bianco ha storicamente stretto con il capitale e lo Stato.