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Ser Ciappelletto, messer Nicia, l'Azzeccagarbugli e l'avvocato Zummo sono soltanto alcuni fra i tanti uomini di legge oggetto di caricature in letteratura italiana. Autori lontani e diversi fra loro per epoca storica, stile, poetica si ritrovano accomunati dall'aver dato spazio, nelle loro opere, alla rappresentazione satirica di avvocati, giudici, notai. Ma perché gli scrittori indulgono così spesso e volentieri in tale pervasiva parodia dei giuristi, tanto che essa può ben essere considerata un leit-motiv della nostra storia letteraria? E quali forme e modi assume, nel corso dei secoli, la satira contro l'uomo di legge? Questo libro cerca di indagare i motivi che hanno spinto Boccaccio, Machiavelli, Manzoni, Pirandello e tanti altri con loro a farsi beffe del diritto e dei suoi rappresentanti. E se, a conclusione di questo itinerario, il lettore avrà passato ore liete in compagnia di procuratori truffaldini, legali codardi e magistrati-gorilla, evidentemente la potenza del riso - e della scrittura letteraria - avrà già ottenuto un'importante vittoria sull'infernale trappola della carta bollata e del faldone processuale.