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"La vita grande si apre con una lettera rivolta a Marceline Desbordes-Valmore, una poetessa romantica la cui vita è stata costellata dal lutto e la cui poetica, per Bobin, si tinge di 'rosa, perché questo colore non entra mai in guerra e sembra sempre sull'orlo di svanire nell'invisibile'. Con disciplina quotidiana, Bobin ha scelto di contemplare l'infinitamente piccolo" per poter vincere l'angoscia, il dolore e la sofferenza: anche la morte. Sceglie di soffermarsi sul filo di luce, come può essere quello di "una ragnatela gigante appesa al tronco di un abete', in Place Vendôme, a Parigi, per celebrare la vita sopra ogni altra cosa, al di là del nero e del buio che la distrugge. Nel freddo della Gare du Nord, la voce di questa poetessa, giunta da un tempo lontano, è lì, vicinissima a lui. Un libro, dunque, è un volto che apriamo e che può consolarci; è una voce che ci viene in soccorso; è un raggio di sole che ci illumina al punto che può restituirci la vita nella sua pienezza; è un passo, un ritmo, il battito di un cuore che possiamo seguire - se ne abbiamo desiderio, perché la lettura è libera e ci rende liberi - per fare un pezzo di strada insieme." (M. Cavalleri)