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Un giornalista enogastronomico dei nostri tempi. Una vicenda vera e drammatica accaduta nel Seicento. Un ritratto misterioso, denso di simbologie. E una sola protagonista: Camilla Faà, contessa del piccolo paese di Bruno, illusa di essere diventata moglie del Duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga, e costretta a farsi monaca di clausura. Sono questi gli ingredienti del romanzo "Nec ferro nec igne. Nel segno di Camilla", narrazione che si compone come un puzzle, capitolo dopo capitolo, fra passato e attualità, Monferrato, Mantova e Ferrara. Il tempo della narrazione è quello attuale, lo stesso in cui vive il giornalista - voce dei Trent'anni e delle due Guerre del Monferrato. E riserva, nel finale, un'appendice particolare: sullo spunto del manoscritto che Camilla ci ha lasciato, descrivendo la sua infelice vicenda, si sviluppa un diario verosimile. È il diario che spiega lo straordinario "testamento" di Camilla: quel ritratto, sinora di autore ignoto, giunto fino a noi per raccontarci la forza d'animo e la singolare intelligenza della Duchessa che la Ragion di Stato cancellò dal mondo.