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"Quel che ho cercato spontaneamente è un linguaggio che sveli l'affetto. [...] Cerco un altro Logos... cerco una sorta di esposizione del corpo" (Michel Henry). Ma come trovare quest'altro Logos che sappia esporre il corpo - e la sua trama profonda, il pathos - senza farlo sparire nell'abbagliante luce del concetto? Per Henry la filosofia può dire appena il patico, perché il pensare è assolutamente eterogeneo a ciò che sempre lo fonda: la vita. Nella sua invisibilità costitutiva, questa non richiede un pensiero oggettivante o intenzionante, ma un riconoscimento decisivo del suo peculiare statuto. Interrogando, senza alcuna pretesa esaustiva, ma criticamente e obliquamente, l'eterodossa fenomenologia del filosofo francese, questo volume cerca di individuare i tratti dell'altro Logos. Logos necessariamente visionario, allucinato, capace di mostrare, senza smentirlo, l'affetto di cui la vita è assolutamente fatta, e di porlo nuovamente in contatto con il paesaggio del mondo, oscurando il quale è la stessa affettività che si oscura e intristisce.