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Il titolo accompagna a un cammino tortuoso ma come un paesaggio mozzafiato ne lascia pensieri, sconvolgimento, emozioni, bellezza, verità. La memoria storica di un luogo, di un popolo (Napoli, il sud, la sua gente), rimane un punto essenziale e inviolabile da rivendicare, ma con la stessa forza identitaria e propulsiva un inizio da cui provare a ripartire, sganciandosi dal fermo "dell'eravamo" e guardando a quello che oggi siamo e che dovremmo saper diventare. Andare oltre quell'atteggiamento di rassegnazione popolare, superandone il limite dannoso che spesso ne oscura il livello stesso di consapevolezza. Servendo così, su un piatto d'argento, tutta quell'Italia che vende una raffigurazione di Napoli e del Mezzogiorno popolati da nullafacenti inoperosi e imperniati da malaffare e vittimismo accattone. Un individuo che non si "parla" più, che non scuote il suo silenzio, permette la solitudine di ritrovarsi inerme di fronte alla realtà. Quale l'equazione possibile: "Cosa siamo stati, cosa siamo, cosa diventeremmo se...". Dalla "terra di ieri", alla "terra di mezzo", alla "terra che potremmo".