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In un albergo decrepito sulla costa della Gornovaglia si riunisce un eterogeneo gruppo di persone. Una lettera mai aperta dal proprietario avvisa di crepe createsi sulla scogliera. Le pagine iniziali del libro ci raccontano di una frana che ha fatto scomparire l'albergo e ucciso tutti coloro che erano dentro. Che non erano però tutti. Chi è morto? Chi si è salvato? È il 1947, l'immediato dopoguerra inglese è ancora molto duro, il cibo è parzialmente razionato, il governo ha imposto tasse pesanti e l'evasione fiscale è un tema forte. Ma è anche estate, un'estate eccezionalmente calda e secca, in grado di addolcire la cupezza della situazione e di infondere gioia di vivere. La genialità de "La festa" sta nel prologo, il tipo di prologo che dice come tutto andrà a finire tralasciando però l'intera storia. E così si corre sulle pagine del libro, che ci ridanno in ordine cronologico gli eventi, per capire cosa succede a chi e perché. In un racconto che si fa via via sempre più concitato, inframmezzato da lettere e pagine di diario, la Kennedy dipinge un'umanità i cui pregi e difetti vengono perfettamente raccontati.