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Lorenza è sopravvissuta come mero involucro fisiologico alla propria morte interiore, avvenuta all'età di diciannove anni in una circostanza rutile, mentre camminava in via Cavour, ad Alessandria, città in cui è vissuta e in cui è ambientato Zolfo. La protagonista rievoca il proprio passato ricordando le impietose esperienze di vita - la malattia dei genitori, le crudeltà adolescenziali, l'assurdità dei sentimenti - che l'hanno inesorabilmente condotta a separarsi da se stessa, nella rinuncia dei suoi più profondi desideri, che depone per non soffrire più, pur di sopravvivere in forma di corpo, nella spoglia efficienza di ataviche funzioni fisiologiche. Tuttavia le sue energie psichiche, ormai svincolate dal giogo del tempo e delle umane generazioni in seguito alla rinuncia delle passioni più forti, guidano e manovrano il corpo, le azioni e la condotta morale di Lorenza verso una nuova conformazione spirituale. Liberata infine dal pregiudizio sentimentale del "bene" che svilisce l'esistenza a una volgare aspettativa di felicità e benessere, guarda ai propri eventi come a fatti assoluti, punti fissi in uno spazio siderale: in questa visione trasfigurata la miseria e la follia dei genitori vengono comprese, non per umana compassione, ma in virtù di uno sguardo che è oltre la compassione, al di là del presunto privilegio dell'umanità.