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In una città dominata dalla monarchia e dalla gerarchia cattolica, con le loro clientele, legate alla grande industria delle costruzioni, alla rendita fondiaria e alle banche, si muoveva una popolazione formata per lo più da disoccupati, operai delle manifatture, lavoratori stagionali, impiegati declassati, contadini immiseriti e di recente immigrazione e gli artigiani poveri tra i quali gli anarchici ebbero modo di affermarsi, muovendosi e radicandosi nei quartieri popolari quali San Lorenzo e Testaccio, Monti, Borgo e Prati e l'Esquilino. Rioni, quartieri e baraccopoli dove la popolazione andava nutrendo un crescente stato di esclusione dal centro cittadino, che virava facilmente in un'esplicita opposizione nei confronti delle autorità costituite. Il libro ribalta l'immagine di comodo, restituendo a Roma il carattere di città violenta, con un conflitto di classe che sfocia facilmente in tumulti repressi con estrema brutalità dalle forze dell'ordine.