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Ciò che si trova scritto in questo libro deriva dalla viva voce di una contadina, Anina dla Fèra, che ha tramandato, nel senso letterale della parola, ricordi e conoscenze alla figlia. Il testo non è mediato, ha la freschezza e il realismo del racconto che una nonna poteva fare ai suoi nipoti in una qualsiasi casa della campagna imolese, magari di sera, nella stalla. Il bello di questo libro sta nel piacere di leggere il dialetto parlato, per chi lo conosce, di percepire una sorta di quotidianità senza tempo, nel cui alveo i giovani apprendevano dagli anziani il necessario per vivere secondo la morale contadina, lavorare i campi e governare il bestiame nel migliore dei modi; ulteriori conoscenze non erano indispensabili per vivere in quel tipo di società. Chi non conosce il dialetto può avvalersi della traduzione in italiano, attraverso la quale, comunque, si può percepire la modalità narrativa tipica della cultura contadina, nella quale insegnamenti e racconto di esperienze personali sono strettamente intrecciati, dando vita a testi che, con una semplicità quasi sorprendente, assumono caratteri universali.