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Da Omero a Steinbeck, dall'"Orlando furioso" al "Paradise Lost", dalla poesia visionaria di Hopkins ai racconti di Maupassant fino al western: Beppe Fenoglio, lettore onnivoro, appassionato frequentatore del cinematografo, osserva la tecnica diegetica del grande schermo, divora romanzi, opere teatrali e poetiche, talvolta le traduce. E come in un puzzle ricompone un nuovo e originale disegno, fatto di una lingua speciale, di un paesaggio non inventato eppure straordinario e inedito nella nostra letteratura, che restituisce una nuova identità partigiana, che garantisce e fissa un ordine differente da quello reale, o meglio da quello perduto nella tragica contingenza del momento storico. L'autrice guarda all'opera fenogliana nel suo complesso, affrontandola da diversi punti di vista: tematico, strutturale, linguistico, intertestuale, procedendo al raffronto dei testi pure nelle loro successive evoluzioni stilistiche e semantiche. L'analisi si rivolge in modo particolare al trattamento del paesaggio - sempre chiamato in causa dalla critica, ma raramente oggetto di specifici studi: la sua dimensione epica, la sua funzione narratologica ed ermeneutica, il suo imprescindibile concorso, insieme con la rappresentazione del corpo, del passo, della cinestesi, alla definizione di un'identità di partigiano e di uomo nuovo.