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Nel testo di Carrucoli la figura dello gnomo assume un valore altamente simbolico: tra ironia, avventure e saggezza, esso esprime la forza pedagogica della persona che si riappropria degli spazi che gli sono stati sottratti, alterati, e su questi vigila a rassicurare che ancora non tutto è perduto, che c'è una "pliche" nell'animo umano in grado ribellarsi. Carrucoli si oppone in tal senso a quell'umanità ciarliera che non sa porsi in ascolto, che non riconosce il valore della diversità, che non sa cos'è il silenzio, che non percepisce la voce della Natura della quale però fa parte. Ma gli gnomi possono salvare i grandi uomini e riabilitarli all'armonia dell'universo dalla quale si sono allontanati. Attraverso lo gnomo, ci riappropriamo della natura come liquor affettivo, dell'ascolto e del "ruah" esistenziale che è parte integrante di noi stessi, il nostro ambiente amniotico da cui ci allontaniamo, ma al quale per gravità siamo richiamati. Lo gnomo diventa "conoscenza" e "riconoscenza" ed è per questo che la sua figura è essenziale se vogliamo riconoscerci ed apprezzarci senza ricorrere ad ipertrofie esistenziali che ci annullano e ci mortificano.