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Nonostante siano passati sessantadue anni da quando sono stato in collegio nella Certosa di Padula, ancora ricordo, nel bene e nel male, alcuni compagni e il maestoso Grande Chiostro per il camminamento dei monaci e, poi, per lo svago di noi orfani. La Certosa è un luogo ameno circondato da verdi e fecondi campi pianeggianti e dal rinomato collinare paese di Padula a Est. Dalla "Ringhiera della libertà", come la chiamavano i prigionieri, gli sguardi di noi orfani potevano spaziare fino all'orizzonte tra messi di grano intervallate, qua e à, da coltivazioni verdeggianti e rigogliose come quelle dei nostri paesi lontani. L'amicizia che si creava tra noi non bastava a colmare la mancanza dl calore e di affetto delle nostre famiglie. Dalla popolazione locale, poi, ci separavano le invalicabili mura del maestoso complesso monumentale, perciò i contatti erano del tutto inesistenti. Siccome i giovani si adattano facilmente alle circostanze, ci accontentavamo di poco: bastava giocare tra noi nel campo sportivo per dimenticare le ansie e le frustrazioni della vita che era stata avara con noi. Non importava che tra tanti orfani ci fosse...