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La narrazione, nella sua misura poetica, si riappropria dell'originaria sensibilità epica, tesa a svelare, attraverso le imprese degli antenati, la remota cognizione delle proprie radici e del destino umano. L'esito è di un epillio interiore, scarno e frammentato, costruito sulle azioni del giovane protagonista, Tomassi, intrecciate a continui e inavvertiti richiami degli estinti. Presenze familiari da un retroscena mutevole prendono voce in un dialogo schermato, spento in un conclusivo coro di creature dimesse, memorie e trapassi. Si avverte, oltre alla malinconia per il dolore che accomuna tutti gli esseri, l'illusione terrena di un riscatto dalla morte, la tensione verso un piano impenetrabile che colleghi il vivere con ciò che lo trascende, la speranza di presagire una continuità su cui nessun vivente può esprimersi.