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Può un semplice schiaffo scompaginare l'intero ordine dell'universo? Può un enigmatico "manoscritto vivente" contenere le risposte a tutte le domande possibili? Sono due tra i tanti interrogativi che all'improvviso sconvolgono l'esistenza anonima e solitaria di un giornalista belgradese, involontario spettatore, una domenica di marzo sulle rive del Danubio, di un episodio apparentemente banale: un tizio prende a ceffoni una ragazza, poi entrambi scompaiono nel nulla. La presenza, nello stesso luogo, di un misterioso uomo vestito di nero e di uno strano segno esoterico destano la sua curiosità e lo spingono sulle tracce della donna. Ben presto, con l'entrata in scena di un manoscritto intriso di misticismo ebraico - un "libro di sabbia" di borgesiana memoria, il cui contenuto cambia ogni volta che viene aperto -, la vicenda si tinge di giallo e l'inquietudine cede lentamente il passo alla paranoia. Il protagonista si ritrova così intrappolato in un'inestricabile rete di simboli cabalistici, apparizioni spettrali ed esperimenti metafisici, fino a diventare vittima sacrificale dei cupi e violenti rigurgiti di antisemitismo e sciovinismo che scuotono la società serba di fine anni novanta. Affilato e ossessivo monologo dai contorni kafkiani e le claustrofobiche atmosfere alla Hitchcock, "Sanguisughe" è un intrigo in bilico tra realtà e finzione, sempre sul filo dell'ironia, che riesce a dar voce ai demoni della grande letteratura mondiale.