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Un maturo scrittore sloveno, reduce dai campi di concentramento nazisti, e una giovane psicoterapeuta che vive a Parigi, la cui infanzia è stata funestata da una nascosta, ma non meno devastante, violenza familiare. Tra i due nasce improvvisa e quasi per caso una relazione intima, nutrita di un fitto scambio epistolare e di sporadici quanto intensi incontri, una relazione legata a un mistero che via via si dirada andando a descrivere un tragico percorso comune. E solo nella silenziosa profondità dell'amore i loro corpi, segnati da un destino di violazioni e abusi, sapranno ritrovare equilibrio e fiducia, perché la risposta alla violenza subita, prima di essere un atto di intelligenza, è un atto d'amore. Il libro illumina, con la dolente lucidità di cui Pahor è maestro, il paradosso della ragione umana, prima sorgente di violenza e distruzione, e dà voce a pagine profondamente intrise di memoria, individuale e collettiva, pagine che scavano con rigore nelle libertà negate o soffocate da cui continuano a riverberare domande irrisolte, esistenze inquiete, conflitti dell'animo mai pacificati.