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È lecito pensare che la crudeltà abbia un'etica? In quanto essere umani, l'etica dovrebbe appartenerci, dunque perché legittimarla attraverso la crudeltà? In Antonin Artaud il tema della crudeltà, a volte esplicito, a volte sotteso, è il filo rosso che segna la continuità della sua opera, che si snoda in una serie di ripetuti rimandi tra l'interesse metafisico-cosmogonico, artistico-linguistico ed etico. Muovendo da questo nodo tematico, il lavoro di Moroni intende fornire un contributo alla lettura di alcuni passaggi dell'opera e della vita di uno dei personaggi più discussi e controversi della prima metà del Novecento. I pensatori più originali della modernità hanno dialogato con Artaud in un gioco di interpretazioni, rimandi e costellazioni di senso. L'Artaud artista folle e l'Artaud teorico tragico si incontrano sul difficile terreno dell'etica, improntando lo sviluppo di essa e la conoscenza della natura umana sul controverso concetto di crudeltà: crudeltà fisica, mentale, subita o esercitata, crudeltà gioiosa, necessaria ombra della vita. L'arte e la sua teorizzazione coagulano questo gioco e lo innestano alle radici della consapevolezza del sentire contemporaneo, esplorandolo.