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Se la Grande guerra (1915-1918) aveva visto contrapporsi i "gruppi-nazione", la "guerra" che si svolgerà dal 1922 al '45, prima subdola e poi deflagrante, è dentro al gruppo. È la guerra al nemico politico, al partigiano, al malato di mente, all'ebreo che fino al giorno prima erano stati il parente, il vicino di casa o il collega. Anche la psichiatria, come il resto della società, conobbe queste lacerazioni. Ci furono psichiatri che aderirono al fascismo e altri invece che dallo stesso furono braccati e perseguitati, psichiatri complici dello sterminio dei pazienti e altri invece che vi si opposero, psichiatri che promossero le leggi razziali e altri che ne pagarono le conseguenze. Ma la "guerra dentro" è anche la guerra senza trincea, che spinge il proprio vento di morte dentro le città, le case, gli ospedali psichiatrici. E, infine, la guerra dentro è anche il trauma della guerra e delle sue mille violenze nella vita mentale di ciascuno, e la fatica della psichiatria a riconoscerne il peso.