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Non v'è pietà "cristiana", né pietà catartica connessa a questa azione tragica. I due fratelli incestuosi suscitano terrore, ma non pietà. Esattamente il rovescio di quanto accade in "Romeo e Giulietta". Pure, di Shakespeare Ford è attento lettore, e lo cita spesso. La stessa "'Tis Pity" è tragedia-citazione. V'è un seme, ed è Shakespeare, e più precisamente "Romeo e Giulietta". Ma quel seme è stato così pervertito che l'amore tra i due amanti si presenta come incesto; e la morte non è dono d'amore reciproco, ma crimine. E l'eroe non un appassionato amante infelice, ma lo scellerato. L'eroe scellerato non può che avere un'esistenza sacrilega, e pervertire così la catena dell'essere nel circolo vizioso, quel "runs circular" di cui parla Soranzo, nel quale "sorrow" e "revenge" si mordono la coda. Dolore e vendetta sono le parole che delimitano lo spazio colpevole in cui questa creatura violenta si stringe: quella solidarietà incestuosa che Giovanni e Annabella realizzano nell'abbraccio mortale con cui "hug their confusion", e "glut themselves in their own destruction". (Dallo scrìtto di Nadia Fusini)