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Incontri e scomparse, vite che balenano in righe veloci, da un'aula di scuola dove ti cominciano "a ridere le froge, e i lobi, e le ciglia, e i canini", e ti innamori sempre della ragazza "più profumata di tutte" che diventa "rossa sul collo" e ti fa avvertire "una cosa allo stomaco", alla penombra recidiva di una taverna dove una coppia sorseggia vino dai calici, "lo tiene in bocca per poi deglutirlo con un'attenzione triste, nemmeno fosse un veleno che vuole e non vuole prendere..." I personaggi di Claudio Bagnasco sono divisi composti e osservati nell'azione delle loro membra: una scelta che si rivela lo strumento sperimentale perfetto per vedere la "macchina-uomo" da dentro. Bagnasco conduce però la sua opera di dissezione direttamente su corpi viventi, arrivando finalmente a mostrare non soltanto il funzionamento di muscoli e organi, ma quello ben più inesplorato dell'anima, "sopra e sotto e intorno l'abisso", dove "tutto è pieno e vuoto e vicino e lontano e impercettibile e sconfinato e fantomatico e vero".