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"Com'è che si dice in inglese?" "Dillo nella tua, si capisce lo stesso." È questa una delle conversazioni più frequenti a Toronto, ospiti in casa di amici o nei locali di Downtown, nei parchi naturali vicini alla città o per le vie di Little Italy. Non è pronunciata per sfida, o per simpatia, ma per una modalità di convivenza ormai stabilita e funzionale, in una città in cui convivono duecento etnie differenti su una superficie totale di 630 kmq. Troppo spesso confondiamo comunicazione e convivenza, pensando che l'intercultura si crei, quasi magicamente, grazie alla sola compresenza multiculturale, o grazie a politiche sociali illuminate che spianeranno la strada al dialogo e alla (cosiddetta e mai ben definita) multirazzialità. Quando Claudia Mencarelli mi ha parlato per la prima volta dell'idea di una tesi di laurea triennale sulla realtà cittadina interculturale di Toronto, ho perciò pensato più volte a come avremmo parlato di comunicazione interculturale senza scadere negli stereotipi nei quali, al riguardo di una città (senza dubbio) multiculturale come Toronto, è facilissimo scadere.