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"Pugni chiusi" parla di fuga e di militanza, tempo di vita e di morte, giustizia e ingiustizia, vera e presunta rivoluzione. Molti immaginano le rivoluzioni come una serie di atti eroici, come battaglie straordinarie, ma esserci dentro è un'altra storia. C'è solo il fango e il sudore e la paura. Ci sono i giorni vuoti, passati a fare nulla, e i gesti banali. Ma quando finisce il combattimento, tutto diventa più nitido, e una sensazione di vuoto ti avvolge e ti sazia. Ho deciso io di fare questa vita, non me l'ha imposta nessuna circostanza, né la povertà, né il caso. Ripercorro ogni bivio della mia esistenza, la scelta della violenza è stata nel mio caso dettata soltanto da una insana razionalità. Non vi è mai stata traccia di velleitario nei miei pensieri e nei miei gesti; ho sempre nutrito la convinzione che soltanto le battaglie disperate, inutili, valgano la pena di essere combattute. Quella dell'indipendentismo corso era soltanto una fra le diverse ipotesi che ho preso in considerazione; ma io non sarò mai un terrorista, io sono un combattente.