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Se si guarda la cartina riprodotta nell'apertura di questo numero, emerge l'immagine di un'Europa in gabbia. Circa duecento strutture dedicate all'internamento, al controllo e all'identificazione dei migranti. Non solo in Europa, ma anche nei paesi candidati e aspiranti all'ingresso nella Ue, nei tributari, come Marocco, Algeria e Tunisia, e in quelli con cui l'Europa intrattiene relazioni complesse, oscillanti tra la connivenza e il sospetto, come la Russia di Putin. Oggi il vero confine d'Europa passa nei campi che gli stati Ue creano nel proprio territorio o appaltano ai paesi limitrofi. Oggi come ieri, il limes considerato più esposto è quello orientale. Non è un caso che la Polonia, ignara del suo passato, pulluli di campi e che Varsavia sia la sede di Frontex, l'agenzia europea preposta al controllo delle frontiere. Questo volume nasce dalla necessità di esplorare il senso politico do questa mappa, a partire da una serie di domande: esiste la possibilità di ricondurre i campi del presente, in tutte le loro possibili manifestazioni a una forma più generale?