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"L'Incantatore" (titolo originale "The charmer") è un romanzo surreale che precipita il lettore in "medias res" nel buio profondo del medio evo nordico, richiamando nozioni di mitologia norrena, quella spesso utilizzata in film d'epoca di picca e spada, nei quali il surround del digitale riporta esaltato il rumore degli zoccoli dei cavalli in corsa. Qui, invece, non c'è suono, c'è solo un buio silenzioso e il rumore degli zoccoli del cavallo del protagonista non si ode o si sente appena appena. La scena inizia di notte, in una notte di luna nera, quella in cui la luna non si vede e continua in un alternarsi di buio passato e di luce attuale, fino alla (im)prevista conclusione. È, questo, un romanzo diverso dagli altri, nel quale Paul Timewood presenta, in un modo nuovo agli occhi di chi legge, le sue storie di narratore emozionale, usando come fondale della storia il buio, quella cosa che ci spaventava da piccoli (e ci invita alla prudenza da grandi...), qui inteso come buio di un'epoca e buio letterale della scena, nel quale si muovono un cavallo (che vede nella notte) e il suo cavaliere che, per orientarsi nel buio, si affida alla sua capacità di percepire gli odori.