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Il libro raccoglie i risultati di un quarantennio di studi sul rapporto fra lingua e dialetto nella poesia italiana contemporanea, sulle nuove vie che imboccate dalla poesia dialettale nella seconda metà del Novecento, un periodo la poesia in dialetto sembra abbandonare le parlate dei grandi centri urbani per adottare idiomi minori e appartati, spesso mai messi prima per iscritto, alla ricerca di una lingua inedita e pura della poesia. Il saggio di apertura è dedicato a Pier Paolo Pasolini e al friulano delle "Poesie a Casarsa" (1942). Sono poi presi in esame l'arcaico lucano di Tursi di Albino Pierro, il solighese aspro e scheggiato di Andrea Zanzotto, il vicentino di Fernando Bandini che si intreccia all'italiano e al latino, e infine, quasi a chiudere il cerchio, il casarsese praticato nelle sue prime esperienze liriche da Nico Naldini, sulla scia del cugino Pasolini. I poeti di questo ideale simposio illustrano, nelle loro diverse manifestazioni, anche i rapporti di continuità e di rottura, di consonanza e di conflitto, di amore e odio, che si sono istituiti fra lingua e dialetto nella pratica poetica dell'ultimo mezzo secolo o poco più.