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"C'è, ad aprire e chiudere la silloge, un movimento discendente: è tornando giù dalla collina del Licabetto che Atene si manifesta in tutta la sua bianca e caotica vastità, la quale poi, a un'immersione più ravvicinata, mostra il grigio dell'inquinamento e gli spacchi del tempo, la povertà e le esistenze ai margini. Longega, poeta delle cose che se ne vanno, non avverte la discesa come 'catabasi' (se non quella sciistica in 'Fragmenta', X...) ma come vitale disvelamento di una parte di sé, tanto che il suo occhio riesce a scovare quella bellezza minore che altrove è sparita mentre qui sa resistere. È, riproposta in modo più aereo e randagio, la lezione che questo poeta dialettale tra i più alti oggi in Italia ci aveva già dato in una poesia di 'El tempo de i basi': «quelo che xe belo / xe anca semplice»." (dall'introduzione di Francesco Targhetta)