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Il testo prende in esame l'interpretazione/ricostruzione di luoghi spazialmente credibili, anche se illusori, e rappresentati attraverso l'architettura dipinta dalla Roma di Augusto alle quadrature del Sei-Settecento. L'esigenza di ampliare, dilatare e moltiplicare lo spazio di gallerie, stanze e saloni ha guidato l'arte del costruire nei secoli. Diverse sono state le dinamiche con cui progettisti e pittori prospettici hanno operato, a seconda di luoghi, epoche, tecnologie, ma sempre con l'obiettivo di arricchire ambienti e spazi per variarne dimensioni e forma, correggendo e superando i limiti architettonici. Da queste ricerche emerge come l'architettura dipinta scaturisce sempre da uno spazio progettato dal pittore quadraturista che, possiamo affermare, era un architetto, cioè conosceva l'architettura e sapeva gestire mentalmente lo spazio tanto da concepire ambienti articolati e in stretto rapporto con quelli reali. L'esplorazione degli spazi dell'illusione avviene attraverso il filtro delle leggi proiettive e delle costruzioni geometriche che, oltre ad averne permesso il controllo da parte dell'autore, ne facilitano la decodificazione da parte dell'osservatore.