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«(...) Dopo venti poesie di questo breve ed essenziale poemetto di trentatré soli componimenti,troviamo la parola che lo giustifica, amore: "E ti aspetto amore ancora stanotte/ nel letto che ci colse" e da qui i ricordi si sommano ai ricordi in una continua rincorsa per uno sguardo già oltre il cammino fatto, insieme o da soli, per non radicarsi esclusivamente nell'assenza, come nella più intensa, a mio parere, tra le liriche di questa raccolta (...). Il linguaggio così controllato e così scarno di questi versi ci riporta a certa poesia anglosassone: la già citata Dickinson, Auden, Eliot, ma la matrice più profonda a me sembra l'essenzialità di certa poesia latina, su cui un classicista come Mario Geymonat ha speso molto del suo tempo e della sua passione di studioso, condividendo questa passione con la sua compagna, come la tensione formale di certe anacreontiche o di certi frammenti della lirica greca, tra i lasciti più cospicui per intensità e chiarezza della lirica universale.» (dalla prefazione di Alessandro Cabianca). Nota a margine di Marta Celio.