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C'erano una volta i contadini (per esempio i nostri, in Abruzzo) che se ci capitasse d'incontrarli mentre stavano parlando tra loro, sorridendo e salutandoci dicevano: "Stavame a fa' nu trascorse". Che per loro era da intendersi un discorso, un parlare alla buona, quattro chiacchiere. A pensarci non era - se non lessicalmente - un errore: come se tutto ciò che ci si trovi a dire sia a quel punto già trascorso, passato, non più presente. Questi scritti, diciamoli discorsi, ormai andati, relegati in un passato non più prossimo, sono dunque anch'essi trascorsi: parole remote, perdute, sfoghi di lingua e di penna. Riesumati dopo trenta o quarant'anni, potrebbero al più farsi argomento di una chiacchierata tra quattro amici al bar.