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Roma, 8 d.C.: Ovidio è condannato alla relegatio. Augusto, con editto imperiale, gli ha ordinato di lasciare non solo Roma, ma anche gli estremi confini dell'Italia (finibus extremae Ausoniae). Il poeta ha 51 anni ed in poco tempo deve sparire per sempre dall'Urbe per finire confinato in Scizia a Tomi, un piccolo porto nel lontano Mar Nero, nell'attuale Romania, senza famiglia e senza le cose a lui più care. Davvero una punizione esemplare per colpa di un carmen e di un misterioso error, a dire dello stesso autore nei Tristia, ma al volere dell'imperatore non ci si può opporre e la partenza diventa ineluttabile. Ed ecco che Ovidio descrive la sua ultima notte romana, rievocando dolorosamente il congedo dalla moglie Fabia, dai familiari e dagli amici che non rivedrà mai più. L'addio a Roma fa parte dei Tristia: cinque libri composti in distici elegiaci durante l'esilio tra l'8 eil 12 d.C. , in cui Ovidio descrive il suo stato d'animo pieno di tristezza: la solitudine e la desolazione di un luogo al confine estremo dell'impero lo straziano, è costretto a condurre una vita ben diversa da quella a cui era abituato. Così resisterà dieci anni, poi la morte.