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È consuetudine che l'autore di un libro, o di un opuscolo, dedichi la sua opera a una o più persone, per esternare i suoi sentimenti nei loro confronti, sentimenti di amore - come per mogli o figli - di amicizia o di gratitudine per gli "estranei" alla sua famiglia. È un atto che scaturisce dal cuore di chi si è sottoposto a una fatica intellettuale e ora vuole dimostrare a tutti la sua riconoscenza, il suo affetto e il suo amore per le persone a lui più care. Anche Pitrè non si sottrae alla consuetudine e nelle sue dediche, nei suoi ricordi e nelle sue commemorazioni ci svela i sentimenti del suo generoso cuore. Il suo amore per i familiari non conosce limiti per la loro felicità; il suo cuore è colmo di rimpianto e strazio per il loro crudele destino: la gioia per la laurea in medicina di Salvatore, il figlio maschio che segue la professione del padre; il tripudio per le nozze della figlia Rosina, ma quasi subito il dolore e lo sgomento per la sventura dell'improvviso terremoto, che gli porta via l'amata figlia con l'erede che non vide mai la luce; e, dopo qualche anno - ancora! - la prematura morte del figlio Salvatore.