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Il rapporto maestro-allievo, oggi attraversato da una profonda crisi, trova in questa storia una sua meritata sublimazione. Giorgio, infatti, è a tal punto riconoscente nei confronti di Tarquinio per tutto quello che gli ha insegnato nel settore cinematografico, da non esitare di accompagnarlo in una clinica della Provenza, e di assisterlo durante una missione che ha tutto il senso di un "viaggio della speranza". Esperienza che si dimostrerà meno onerosa grazie alla straordinaria forza d'animo dimostrata da Tarquinio nell'affrontare la sua malattia, unita al sostegno di una continua convinzione - in lui alimentata da Giorgio - di poterne uscire vincente. Ma alla storia principale si affianca un continuo raffronto fra la dignità con cui il paziente viene trattato all'estero e quella forma di trascuratezza di casa presso di noi. A supportare tale dignità si adopera anche Giorgio, che non fa mancare all'amico e maestro il conforto del suo buonumore, delle sue bizzarrie da intellettuale meridionale, della sua ironia, tutte doti che hanno funzionato da adesivo nell'amicizia con Tarquinio, meneghino di nascita ma aperto agli stimoli di una cultura internazionale.