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È tutto un altro cielo quello sotto cui si ritrova Alessandro Campolungo quando, nei primi anni Ottanta, con la madre e la sorella si trasferisce da Bologna a Roma. Ad accoglierlo una stanzetta buia e umida nella casa della nonna paterna al Flaminio alto, un quartiere pieno di antenne, macchine e cani che pisciano sui marciapiedi e contro i muri. Integrarsi, per un quattordicenne con la media dell'otto e il mito di "Quark" e Piero Angela, non è facile, perché a Roma solo chi va male a scuola sembra avere qualche chance di successo con i coetanei, e soprattutto con le ragazze, per cui Alessandro, "maschio caucasico nel pieno del suo fulgore ormonale", come lui stesso si definisce, ha una sfrenata passione. I romani, poi, pare che abbiano un unico, grande amore: il calcio. Ad Alessandro però il calcio proprio non va giù. E dire che suo padre ha giocato nella Roma, era un campione al tempo del primo scudetto giallorosso. Ma adesso suo padre non c'è. Se n'è andato per sempre. Anzi, è stato Alessandro stesso a 'eliminarlo' una volta per tutte dalla sua vita. Una vita che non gli risparmia preoccupazioni: la madre, che lavora in uno studio medico, sta frequentando un altro uomo, e per la precisione il suo principale; la sorella, sedicenne incosciente e festaiola, impegnata a diventare romana a tutti gli effetti e lui... be', lui ha preso una cotta per Martina Figus, figlia di un importante politico; peccato che lei stia già con Marco Balestra, bomber della primavera della Lazio e tipico maschio alfa. Insomma, tutto ciò che Alessandro non è. Ma presto arriverà anche per lui l'occasione di tirare fuori la sua grinta, e ad aiutarlo in quest'impresa sarà qualcuno di inaspettato. Tommaso Avati scrive un romanzo di formazione luminoso come i cieli di Roma, in cui tratteggia la spensieratezza e le contraddizioni dell'adolescenza, e fa rivivere, attraverso odori, musiche e film, lo splendore di quei primi anni Ottanta.