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Giorgio Colli, filosofo e storico della filosofia, noto al largo pubblico per avere curato l'edizione critica, per Adelphi, delle opere di Friedrich Nietzsche, provò un'ammirazione particolare per la poesia di Hölderlin. All'origine di tale fascino vi è la convinzione che l'interiorità del poeta tedesco fosse la più affine, nella modernità, a quella dei Greci antichi. La visione dell'esistenza che emerge dalle sue opere poetiche e filosofiche sembra infatti richiamare le intuizioni fondamentali dell'antica sapienza ellenica. Alla luce di tale grandezza, il destino di abbandono e solitudine a cui Hölderlin fu condannato dalle persone intorno a lui fu il segno più eclatante, agli occhi di Colli, della triste scissione che contraddistingue il nostro tempo tra l'individuo che conserva un "frammento di antichità" nella propria anima e la società moderna. Nell'intento di ricostruire le ragioni filosofiche di tale affinità spirituale, questo volume parte dalla definizione del concetto colliano di "grandezza", debitore della riflessione di Nietzsche, per poi concentrarsi sulle analogie tra le intuizioni artistiche e logico-filosofiche di questi due autori e la sapienza greca.