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Questo libro comincia dalla fine, dal punto di arrivo. Poi, ricomincia, come il resoconto di una vita. E ci pone una delle domande fondamentali dell'esistenza: cosa resta di noi? La memoria nei cari, il bene fatto. In casi rari come questo, la poesia. Nostro compito è fare che la poesia che ha toccato Daniele continui a cantare come un secondo corpo, un secondo sguardo, che non finisce, sulle cose del mondo. Perché ci è sempre sembrato che le parole di Daniele provenissero da una lontananza luminosa, la lontananza viva e ardente dei visionari, che abitano un luogo pieno di mistero, dal quale mandano le proprie lettere al mondo, disseminate di frasi come «essere vivi / significa / abbracciare» e manifestano il proprio corpo immesso nel fluire di un'onda più grande, che si apre al parlare dell'altro «come un campo / da cui spuntano erbette». Sono dunque erba che buca la superficie e mira verso l'alto.» (Dalla prefazione di Maria Grazia Calandrone).