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La letteratura, diceva Roland Barthes, permette di respirare. Come dargli torto? Essa è in grado, spesso come per magia, di aprire un varco anche negli spazi più angusti e insidiosi, di restituire la voglia di agire, è una boccata di aria fresca. Ma in un tal quadro, qual è il posto dei romanzi non scritti? Sono anch'essi letteratura? Possono confortare, guarire, soccorrere? O il loro carattere potenziale li relega ad uno spazio marginale al confine con l'inesistenza, il limbo del non detto? La presente ricerca si pone l'obiettivo di analizzare lo statuto di questi capolavori mai scritti, per dimostrare che anch'essi rivestono un ruolo importante nell'ampio campo della cultura letteraria. Per farlo si è scelto di prendere in esame due opere, "Centuria" di Giorgio Manganelli e "Sillabari" di Goffredo Parise, che, seppur con le loro differenze, possono essere accostate per la dimensione di implicita potenzialità che le caratterizza. Entrambe infatti si qualificano in ultima analisi come raccolte di romanzi potenziali, e spalancano, con la loro singolare apertura, a infiniti mondi eventuali, al variopinto ventaglio di possibilità che è poi la stessa letteratura.