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Ficino definisce "secolo di ferro" quello in cui è avvenuto il divorzio tra la pietas religiosa e la sapientia filosofica e invece "epoca aurea" il felice periodo nel quale i sacerdoti-filosofi (i prisci theologi) tenevano unite religione e filosofia: i profeti biblici, i magi persiani, i sette sapienti dell'antichità greca, i druidi presso i Celti, i bramani presso gli Indiani e infine gli episcopi e i presbiteri agli inizi del Cristianesimo erano tutti sia teologi che filosofi, in una parola sapienti. Per ricomporre questa originaria unione tra pietas e sapientia e, al contempo, per superare i contrasti religiosi e le dispute interne al mondo cristiano, Ficino ricorre a questa affascinante e originale idea che esista un'antichissima tradizione (la prisco theologia) la quale, gelosa custode dell'unica verità, si sviluppa in modo coerente e continuo nel corso del tempo attraverso un percorso a tappe che culmina nella religione cristiana. Per il filosofo fiorentino il recupero di questo sapere originario è fondamentale per riunire religione e filosofia nella forma di una docta religio o di una pia philosophia e superare così definitivamente le contrapposizioni presenti nelle diverse scuole filosofiche e nelle varie religioni. Questo "sapere eterno" contenuto nella prisca theologia, diverso nelle forme culturali e nelle espressioni storiche ma non nella sostanza, è rintracciabile in tutti i popoli e si pone a fondamento della riunificazione spirituale di tutto il genere umano. Prefazione di Maurizio Cambi.