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«Le cose che io penso poi che fine fanno? O me le tengo per me o ne parlo con qualcun altro.» L'autrice ha scelto questa seconda ipotesi e lo ha fatto con una modalità a lei possibile in questo tempo della sua vita, anche per ovviare al limite a cui è sottoposta dalla sua salute: ha scritto le sue parole. Mi viene in mente Giobbe: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro...» (Gb 19,23). In questo modo lei può parlare con me e con te! Che cosa ci chiede? Di ascoltarla, dandole del tempo sempre difficile da trovare per un esercizio così utile ma non redditizio.