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I contributi di questo sesto volume delle Lupienses sono organizzati in studiata simmetria. Dapprima Elisabetta Benigni e Fabrizio Lelli, una arabista e un semitista, pur evitando le chimere di una diretta e indimostrabile intertestualità inseguono i complessi e nutrienti nessi interdiscorsivi fra l'opera dantesca e le culture del Mediterraneo: Benigni riprende in mano, con nuovi argomenti, la vessata e sempre risorgente querelle dei rapporti del Libro della Scala con la Commedia; Lelli batte la strada, nella dantistica percorsa da qualche pioniere solo negli ultimi decenni, della mistica ebraica medievale, attraverso canali di trasmissione finora trascurati. L'intervento di Donato Pirovano sull'endiadi (in offerta provocatoriamente romantica) di amore e morte nella Vita nuova fa da architrave: in esso, il dantista di lungo corso fonde parte del tesoro esperienziale che ha accumulato preparando un commento al libello giovanile dantesco. Da questo saggio centrale si spartisce il campo alle ultime due relazioni, entrambe centrate sulla semantica di un lemma, di una parola-mondo dentro l'eccedente mondo dantesco: un benemerito degli studi letterari medievistici, quale Luigi Surdich, si concentra sulle vicende della «compassione», sui riflessi prismatici di questa nelle strategie di racconto che da Dante conducono a Boccaccio; Riccardo Viel, filologo romanzo di memore scuola, promuove un'archeologia della «leggiadria» dantesca, tra lirica provenzale e lirica italiana duecentesca, pervenendo a non banali, non prevedibili esiti di accertamento di senso e di ricostruzione culturale.