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Il DHO, l'antipasto (Dante Hors d'Oeuvre appunto) del vero e proprio festival Dante 2021, è ormai una abitudine per ravennati e non: nelle tre edizioni succedutesi dal 2016, ha acquisito, ci sembra, un suo carattere originale, un piglio, ha stabilito un clima, vorremmo dire; insomma si è creato intorno degli affezionati. Si raccolgono qui quattro contributi, due dell'anno passato (di Mazzoni e Riccardi), uno del 2017 (Medaglia) e uno della prima edizione (Brasca). Nella loro varietà mettono in luce le caratteristiche del "fratellino piccolo" del festival. Come sempre sono non-dantisti a parlare, non certo per voler accondiscendere a una amatorialità che talvolta si accompagna pretenziosamente alla divulgazione (che è obiettivo serio e primario di Dante 2021, dal 2011 lanciato verso il traguardo del VII centenario della morte di Dante), saper cogliere quel Dante "personale", diffuso e familiare, che rappresenta un aspetto non secondario della ricezione dell'autore della Commedia, capace di intervenire e agire, a più livelli e su più settori della nostra vita: dal lessico ai modi di dire. dalle concezioni filosofiche e politiche a quelle religiose, morali e civili. Il DHO cerca di "mettere in scena", aprendo un'ideale quarta parete nelle memorie personali, alcuni privati dialoghi con Dante.